Sono sicuro che molti di voi abbiano già sentito parlare di fotoritocco. Si pensa spesso erroneamente che la tecnica del fotoritocco sia legata alla fotografia digitale, probabilmente a causa del fatto che viviamo in un’epoca tecnologica dove con un software si riesce a fare di tutto, dalle cose più complesse come la programmazione dell’intelligenza artificiale fino ad arrivare a cose più semplici come, in questo caso, la grafica digitale.
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Come è nato il fotoritocco e breve storia della fotografia
Oggigiorno si possono trovare in rete tantissimi programmi di grafica, da quelli a pagamento a quelli gratuiti: uno tra i più famosi è senza dubbio Adobe Photoshop.
Ma andiamo per gradi, prima di arrivare a parlare del fotoritocco ritengo giusto farvi sapere anche come è nata la fotografia.
Storia della fotografia

La parola fotografia deriva dal greco antico ed è composta da due termini: phôs (luce) e graphè (scrittura o disegno), possiamo dunque riassumere il termine fotografia come “scrittura di luce”.
Le prime teorie a riguardo furono formulate già ai tempi di Aristotele con il concetto di proiezione della luce o il concetto di camera oscura coniato da Giovanni Keplero, ma possiamo dire che la fotografia per come la conosciamo noi oggi nasce nei primi anni dell’800 grazie a un chimico dell’epoca, Joseph Nicéphore Niépce (1765-1833). Egli, nel 1816, riuscì a ottenere la prima immagine fotografica su un foglio di carta sensibilizzato. Questo primo tentativo fu fallimentare poiché l’immagine non risultò stabile.
Si attribuisce dunque il titolo di prima fotografia della storia alla più antica immagine tuttora esistente, scattata nel 1926 (sempre da J.N Niépce) ritraente la vista dalla finestra di Le Gras (al primo piano della sua casa-laboratorio) con un tempo di esposizione di ben 8 ore.
In quegli anni vi furono numerose innovazioni in campo fotografico, soprattutto per quanto riguarda nuove scoperte chimiche per impressionare un’immagine. Si passò da tecniche come la calotipia (riproduzione di un positivo utilizzando un negativo), la dagherrotipia (lastra di rame ricoperta da ioduro d’argento) sostituite poi dall’ambrotipia e ferrotipia (rispettivamente positivi apparenti incollando un negativo su lastra di vetro, carta o metallo brunito), fino ad arrivare alle pellicole in rullo su supporto di carta, grazie alle quali la fotografia non resta più un privilegio di pochi ma entra a far parte della nostra vita quotidiana grazie a George Eastman (fondatore della Kodak).
Che cos’è un fotoritocco?
Il fotoritocco, detto anche fotomontaggio non è nient’altro che la modifica di una fotografia, sia essa analogica o digitale, al fine di renderla esteticamente migliore tramite diversi metodi:
- modificare i colori
- modificare il soggetto
- eliminare o aggiungere particolari al suo interno
- creare effetti “speciali”
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Il primo fotoritocco analogico
Hippolyte Bayard fu il primo nel 1839 a gettare le basi grazie alle quali i primi fotoritocchi poterono prendere il via, grazie ad un metodo da lui inventato chiamato “stampa positivo diretta”, nella quale si utilizza della carta immersa in cloruro d’argento che scurisce se esposta alla luce.
Questo metodo non venne mai reso pubblico fino al 20 Febbraio dell’anno successivo, secondo alcuni il motivo era a causa di François Arago (importante politico francese dell’epoca) che persuase Bayard a lasciar spazio alle scoperte di Louis Daguerre, inventore del processo dagherrotipico (di cui abbiamo parlato sopra), metodo più usato dell’epoca.
Dal 1848 in poi il fotomontaggio prese piede anche grazie alla stampa che ne fece uso per poter rappresentare al meglio alcuni avvenimenti importanti.
All’epoca i metodi per poter fare un fotomontaggio erano due: lavorando sul positivo o lavorando sul negativo.
Lavorazione sul positivo
Il primo metodo era largamente diffuso in quanto il più semplice: consisteva nel ritagliare foto stampate e incollarle ad altre; i ragazzini dell’epoca si divertivano molto a fare questa sorta di collage con parti di giornale. Questo metodo però è stato anche oggetto di importanti pittori come Braque e Picasso, sfruttato appieno dal Dadaismo Berlinese famoso per la propria negazione dei soliti canoni artistici e razionali dell’epoca.
Il fotomontaggio diventa quindi un vero e proprio dibattito tra “arte” e “non arte”, si trovava in una posizione intermedia secondo la quale alcuni lo ritenevano un affronto, mentre altri lo vedevano più come una sorta di avanzamento tecnologico dell’arte stessa.
Ricordiamo infatti che la fotografia, come tutto ciò che ne deriva, non è una cosa creata da zero, ma una rappresentazione impressa della realtà che non lascia spazio alla fantasia del creatore. L’arte per com’era intesa una volta era infatti molto legata al concetto di pittore o scultore che rappresentavano un soggetto di pura fantasia, o comunque una loro personale rappresentazione della realtà.
Lavorazione sul negativo
Il secondo metodo è stato attribuito maggiormente a Henry Peach Robinson (1830-1901), fotografo britannico pioniere del fotomontaggio ottocentesco, utilizzando negativi fotografici.
Una maggiore diffusione di questo metodo si ha soprattutto nel ‘900, una delle immagini tuttora più famose è senza dubbio quella di Wanda Wulz (1903-1984), fotografa triestina celebre per il fotomontaggio che fondeva il suo viso con quello di un gatto.
La fotografia digitale
Vi ricordate della famosa azienda Kodak? Anche in questo caso è stata fondamentale per la diffusione della fotografia nell’era moderna.
Nel 1975 Steven Sasson (ingegnere Kodak) cercò un sistema per creare la prima fotocamera digitale. Dopo svariati studi riuscì a creare il suo primo prototipo che, pensate, aveva solo una risoluzione di 0,01 megapixel e impiegava ben 23 secondi per scattare la foto, ovviamente in bianco e nero.

Era il 1978 quando provò per la prima volta a depositare il brevetto, approvato però soltanto dopo anni di perfezionamento, infatti ne dovettero passare ben 3 prima che la Sony producesse la prima fotocamera digitale apparsa sul mercato: la storica Mavica (Magnetic Video Camera) FD5.
Da qui in poi la modernizzazione delle fotocamere digitali la conosciamo tutti, dalle più comuni compatte alle bridge, dalle mirrorless alle più professionali reflex.
Ma secondo voi, com’è nato il primo fotomontaggio digitale?
Il primo fotoritocco digitale
Il merito per la realizzazione del primo fotoritocco digitale è dovuto principalmente a John Knoll, al tempo dipendente della Industrial Light & Magic come assistente di camera. Tra i vari film di spicco a cui ha preso parte ricordiamo i primi Star Wars (essendo l’ILM una divisione dedicata agli effetti speciali della famosissima Lucasfilm) e alcuni film di Star Trek, fino ad arrivare ai più recenti Pirati dei Caraibi, grazie ai quali nel 2007 ha potuto vincere il suo primo (e unico) Oscar per i migliori effetti speciali.
Vi invito a dare un’occhiata a tutti i lavori dell’ILM per farvi un idea di quanto importante fosse quest’azienda.
Ma facciamo un salto indietro di 20 anni: è il 1987 quando John Knoll ha appena finito di lavorare al film “Who framed Roger Rabbit”, meglio conosciuto da noi come “Chi ha incastrato Roger Rabbit”, grazie al quale vince una vacanza premio a Bora Bora. Ed è proprio qui che accadde ciò che diede inizio a tutto: Knoll fece una foto a sua moglie Jennifer che intitolò successivamente Jennifer in paradise: la foto ritraeva la moglie seduta sulla spiaggia che guarda un’isola all’orizzonte.

Si dà il caso che il fratello di John Knoll sia un certo Thomas Knoll (vi dice niente?), che proprio in quel periodo stava lavorando ad un software di uso domestico che potesse riprodurre verosimilmente gli effetti speciali che all’epoca venivano realizzati solo grazie a potenti macchine, accessibili perlopiù solo a grosse produzioni cinematografiche, o comunque a chi disponeva di una grossa somma di denaro.
I fratelli Knoll proposero il loro software a due “azienduccole”… la Apple e l’Adobe, e utilizzarono proprio la foto della vacanza come immagine campione, diventando di fatto la prima foto digitale modificata della storia.
Inutile dire che poi nel 1990 l’Adobe acquistò la licenza del programma e lo diffuse sui Mac. Il nome del programma? Ovviamente Adobe Photoshop.
Oggi il team di Creactivity utilizza le evoluzioni di queste tecniche e i migliori software di fotoritocco per realizzare grafiche per il web e per la stampa, così da poter offrire ai suoi clienti un servizio professionale e di qualità.